L’ex complesso industriale “Innamorati” è localizzatonella zona più bassa di Pale, ad ovest del paese. Si sviluppa tra la derivazione destra del Menotre, e via Belfiore, detta anche via delle Ripe. Esso sorge alle pendici del monte di Pale, in parte sopra le mura castellane del XV secolo; occupa un’area di forma irregolare, seguendo le curve di livello del terreno. Il fronte ovest dello stabilimento si eleva sopra un aspro dirupo.
ll complesso industriale è formato da diversi corpi di fabbrica, di diverse dimensioni e altezza, ma contigui tra di loro. Nel corso degli anni, tutti gli edifici hanno subito numerose ristrutturazioni, ad esclusione del 1° livello,
che risulta la parte strutturalmente non modificata dell’intero opificio e che si trova per la maggior parte al di sotto del piano stradale, rispetto ai lati sud ed est.
ll 1° livello è formato da un unico e ampio locale di notevole altezza, caratterizzato strutturalmente da volte a crociera composte (ottenuto dalla combinazione di più volte semplici), disposte longitudinalmente .
scavato nella roccia, è caratterizzato da una volta a botte ribassata e sono presenti tracce degli antichi tinelli per la lavorazione della carta. Due ampie aperture ad arco a tutto sesto si aprono sul lato principale, mentre un’altra apertura si trova sul fronte ovest, ma molto più grande delle altre due che si affaccia sull’ampia valle sottostante a Pale. Numerosi cunicoli di varia grandezza corrono lungo le pareti sud ed est e a un metro circa da terra. Alcune testimonianze orali ci permettono di affermare che erano utilizzati come canalizzazioni per l`acqua. l livelli superiori, anticamente suddivisi in locali a sviluppo longitudinale, risultano oggi suddivisi in numerosi appartamenti. Una scala in muratura, posta in prossimità dell’ingresso della facciata su via Belfiore, collega tutti i livelli.
Al 3° livello, la facciata ovest è arretrata di circa tre metri rispetto ai livelli inferiori e sono presenti tracce di un arco a tutto sesto, analogo a quello del 1° livello.
ll s.c. 1.3, di mole compatta, posto tra il s.c. l.l e via Belfiore, presenta, in pianta, una forma quadrangolare e si articola su tre livelli. L’edificio risulta più basso del s.c.l.l e accanto a quest’ultimo, sul fronte ovest, è stato costruito un corpo di fabbrica utilizzato per i servizi igienici di pertinenza alle abitazioni del s.c. 1.3. L’accesso principale è posto sul lato rivolto ad est, ortogonale al s.c. l.l, mentre l’ingresso ai locali di primo livello è collocato sul fronte sud lungo via Belfiore.
ll s.c. 1.3 venne trasformato in appartamenti; i locali sono molto più ampi di quelli del s.c. l.l. La stessa sorte di modifica dell’impianto originario risulta effettuata nel s.c. 1.2. È formato da due fabbricati di diversa altezza e dimensioni, ortogonali tra loro, posti fra il s.c. 1.6 e via Belfiore e in adiacenza, sul fronte più corto, al s.c. l.l. l vani al 1° livello e il locale dove è posta la centralina elettrica Sordini sono per lo più caratterizzati strutturalmente da volte a botte.
Numerose aperture di forma rettangolare a sviluppo verticale sono disposte su tutti i fronti del complesso. Molte di queste sono collegate su più file e ad intervalli regolari soprattutto sulle facciate est ed ovest del s.c. 1.2 e sul fronte nord del s.c. 1.1. Le altre aperture si affacciano irregolarmente sui rimanenti lati dei fabbricati. Nella maggior parte dei casi le porte sono definite da un arco a tutto sesto. Tra il 2° e il 3° livello risultano ancora visibili, anche se cancellati dal tempo, i segni colorati in azzurro della scritta “SOC ANONIMA DI PALE”.
ll s.c. 1.4 sembra risultare, dai muri di perimetrazione oggi demoliti, adiacente alla derivazione destra del Menotre. Per un periodo l’area venne coltivata ad orto, anche se oggi e in stato di abbandono e con una ricca vegetazione. Si può supporre che originariamente potesse essere un canale di deflusso della cartiera localizzata nel s.c. 1.2 o l’invaso della cartiera posta nel s.c. l.l. La canalizzazione sotterranea s.c. 1.5, che inizia all’interno della ex cartiera Cherubino Cherubini, alimentava fino agli anni settanta del Novecento la centralina elettrica Sordini.
La ditta “Innamorati Antonio” gesti la cartiera sin dal 1730, ma si presume che le origini dell’impianto siano antichissime. Monsignor Faloci Pulignani, nella sua opera Le antiche carriere di Foligno, sostiene che le prime cartiere italiane del XIII secolo sorsero a Pale accanto e a cavallo del primo salto della derivazione destra del Menotre, dove erano situate le ex cartiere di Gaetano Agostini e Antonio Innamorati. Dall’opera di Faloci Pulignani si hanno notizie riguardanti le prime imprese di carta sin dal 1256, data riportata in un documento che menziona la controversia tra i monaci di Sassovivo, che possedevano una cartiera a Scopoli, e Clarimberto da Spoleto, il quale, avendone costruita un’altra in quella zona, danneggiava con la sua produzione cartaria quella dei monaci. A Pale e nella valle sottostante, già nel 1273, Gentili di Aliseo da Pale riconosce al monastero di Sassovivo la proprietà di alcune fabbriche “que modo valcherie nuncumpantur” e l’amministratore del monastero ne prese possesso “aperiendo hostium ipsus valcherie sive valcheriarum”. È impossibile risalire all’esatta localizzazione delle prime manifatture della carta, ma è certo stabilire grazie ai documenti visionati dal Pulignani che alcune gualchiere erano già attive nell’antica villa di Pale prima che la famiglia Trinci di Foligno vi costruisse il castello nel XV secolo. Altri documenti confermano tale ipotesi. In uno del 1299 e riportata una donazione di alcuni beni, eseguita da Simonuccio da Morgante a favore dei monaci di Sassovivo, per “iuxta aquas quae vadunt et fluitant ad molendina et valcherias de Pale”, in quello del 1332 i monaci di Sassovivo autorizzano il loro abate Giacomo ad affittare “molentina valcherias et alia bona dicti monasterii”; l’anno successivo, precisamente il gennaio 1333, gli stessi affittarono al monaco fra Pietro “terras, domos, vinca, remora, molendina, prata, sylvas, valchiera, et alia quecumque”.
Nel 1371, l’amministratore del monastero di Sassovivo, fa Pace, a rogito di ser Nuzio da Foligno, fa quietanza a Costantino de Cola Rinaldi per l’affitto di “certarum valcheriarum a carta dicti monasterii positarum in villa Palis”. Naturalmente l’affitto doveva essere corrisposto alcuni anni prima, poiché ser Nuzio era morto nel 1371 e rogava forse dal 1332 e il contratto si può congetturare rogato tra il 1350 e il 1360.
Nel 1424, Giacomo Trinci, abate di Sassovivo, adoperava la carta con una filigrana che aveva lo stemma della sua famiglia. Lo storico Briquet, descrivendo le filigrane, attribuisce il marchio alle Cartiere di Foligno. Nel 1429, Corrado Trinci, signore di Foligno, vendette “quosdam domus cum edificiis valcheriarum a cartis positas in comitatu Fulminei et in villa Palis”.
Nel 1465 viene offerta in dono al beato Giacomo della Meza una risma di carta di Pale. Nel 1484, la famiglia cartara di Cecco di Andrea di Pale corrispondeva ai monaci 12 quinterni di carta sottile per l’affitto di una valchiera. Nel 1504, i monaci affittarono una valchiera a carta a Bernabeo Buccioli Ciccuti, alias Peccia di mastro Palis.
Cinque anni dopo, Salvato Cordaro di Pale corrispondeva ai monaci un canone di “sexta partis un us quinterni carte bambagine” e un altro cartaro di Pale, Bartolo di Pale, oltre a pagare un affitto come nel caso precedente, donava in più “dimidii quinterni carte”. Durante tutto il XVI secolo vengono menzionati altri esercenti della manifattura della carta, tra i quali Marco cartaro di Pale, Mattioli cartaro di Pale, Domenico il Sordo e Silvestro “Speinante da Belfiore”. Il 18 dicembre 1542 si decise di nominare una commissione per formare i capitoli dell’arte cartaria e così riunire le fabbriche in sodalizio. Il giorno 21 dello stesso mese, furono scelti a farne parte Pier Antonio Paglia, Cesare Morganti, Pier Paolo Elenterii e Pier Antonio Piersanti. La carta prodotta in quelle valchiere era di finissima lavorazione ed era molto apprezzata dagli utenti di quel tempo.
La ditta Innamorati Antonio, costituitasi nel 1730, sorse presumibilmente sopra una di quelle antiche fabbriche, utilizzando gli stessi procedimenti produttivi. Antonio fu il capostipite della famiglia degli Innamorati, i quali furono grandi imprenditori cartari, e dalla metà dell`Ottocento erano in loro possesso numerosi opifici a pale e Belfiore. Nella meta del Settecento, la fabbrica Innamorati era una delle undici cartiere di Pale che lavoravano 1.200.000 libbre di straccio e producevano 28.000 risme di carta stampata o da scrivere, di vari tipi: Palomba, Mazzanella, Genovese, Ancora, Stella, Reale, Fioretta, Reale Piena, Turchinetta.
Gli altri imprenditori della zona erano Antonio Alessandri, Giovanni Paolo Sordini, Niccolò Messini, Paolo Fiorini, gli eredi di De Santis, Domenico Gismondi, Francesco Matteucci, Cherubino Cherubini e il già citato Antonio Innamorati. Tutti furono esonerati da ogni tassa di produzione per opera di Clemente XIV. La ditta “Innamorati Antonio” era formata da tre cartiere, che dopo la morte di Antonio Innamorati vennero gestite dai figli: Pietro Paolo, Luigi e Giovan Battista Innamorati. Agli inizi dell’Ottocento nel 1°opificio lavoravano 10 operai e un ragazzo, con un compenso che variava da 0,20 a 0,75 scudi romani al giorno e si producevano 45.000 libbre romane di carta. Sempre in questo periodo, il complesso industriale risultava di notevoli dimensioni e sembra possibile che una parte dello stabilimento fosse di proprietà degli imprenditori e fratelli Alessandro e Francesco Matteucci. Ognuno di questi esercitava in proprio una manifattura della carta sin dal 1793. Nelle due fabbriche lavoravano rispettivamente 8 operai più un ragazzo, con salari che oscillavano da 0,20 a 0,75 scudi romani al giorno e ogni opificio produceva manufatti di carta pari a 60.000 libbre romane annue. Il complesso industriale era diviso in più parti e vi era annesso un molino da olio di proprietà di Antonio Innamorati.
Al tempo del Governo Napoleonico in Italia, Antonio Innamorati, Pietro Paolo Innamorati, Francesco Matteucci,Niccolò Messini, Giovanni Gismondi, Cherubino Cherubini furono nominati a far parte della Camera Consuntiva della Manifattura della carta. Nel 1824, la zona di Pale contava 13 cartiere con complessive 134 unità lavorative, che lavoravano una quantità di materia grezza pari a 945.000 libbre romane e producevano 604.800 libbre romane di carta. In questo contesto gli impianti Innamorati-Matteucci, con 145.000 libbre di straccio lavorato e 10.400 libbre romane di carta prodotta, si distinsero come il maggiore stabilimento della zona.
Le spese sostenute dalle aziende, pari a 160 scudi romani all’anno per la parte di Innamorati e 150 per quelle riguardanti ciascuno dei fratelli Matteucci, erano per la maggior parte costituite da colle, colori, allume, filtri e in minima parte per il combustibile. Il procedimento produttivo era lo stesso delle antiche gualchiere, con pile a magli azionate dall’acqua, ma si progettava la crescita di produzione e l’ampliamento degli impianti. Le migliorie riguardavano per lo più i macchinari e le fasi di lavorazione, adottando nuovi metodi a coni, tramite olandesi, escludendo quindi la macerazione del prodotto grezzo all’interno del paese, dato che vi erano istanze pendenti da parte della Santa Congregazione del Buon Governo. Tali innovazioni vennero apportate solo nell`impianto di Innamorati, poiché la parte riguardante le cartiere di Matteucci risultavano fuori esercizio da prima della metà dell’Ottocento. È probabile che queste vennero accorpate allo stabilimento Innamorati e che quest’ultimo gestisse l’intero complesso industriale. Dopo la seconda metà dell`Ottocento, l`opificio sembra essere di nuovo suddiviso tra i fratelli Antonio e Vincenzo Innamorati, entrambi figli di Giovan Battista, mentre il terzo figlio si occupava di un molino da grano in località Uppello, sempre nel Comune di Foligno.
Nel 1870 Antonio gestiva la cartiera situata a Pale al n. 17, articolata su tre livelli, con tre vani su ogni piano, mentre Vincenzo possedeva il molino da olio, composto da due vani al piano terra e due al primo piano ed una cartiera articolata su tre livelli, formata da due locali al piano terreno, quattro locali al 1° piano e tre al 2° piano.
Le rendite fondiarie di ciascuna parte erano pari a 150 £; già nel 1879 la fabbrica di Antonio accrebbe il suo valore salendo a 233, 33 £, mentre quella di Vincenzo scendeva a 133,33 £. La crescita della rendita dell’opificio di Antonio è caratterizzata dall`aver ammodernato lo stabilimento, investendo capitali per l’acquisto di nuovi macchinari e incrementando di molto la produzione. È certo che l`opificio venne fornito di una macchina in piano, come le testimonianze orali ci permettono di stabilire. Questo macchinario fu il primo ad essere impiantato in una delle Cartiere di Pale: il macchinario venne posto al primo 1° piano dello stabile che guarda a valle e tangente alla derivazione destra del Menotre. Dopo la morte di Vincenzo, con atto di vendita del 31 luglio 1893, una modesta parte dell’opificio venne venduta ad Giuseppe Agostini e condomini.
Il 17/04/1900, con atto di successione, l’intera cartiera divenne di proprietà di Guido e Raffaele Innamorati, ai quali, per successione, andò anche la Cartiera di Antonio Innamorati, dopo la sua morte avvenuta il 16/10/1901. Dopo il 1900, la proprietà di tutto il complesso venne suddivisa tra i due intestatari. Raffaele era proprietario ed esercente della cartiera di Antonio Innamorati, mentre Guido, oltre a gestire la cartiera di Vincenzo, costruì un nuovo impianto molto moderno, adiacente alle mura Castellane e forse sopra un’antica gualchiera, localizzato a monte delle antiche Cartiere di Antonio e Vincenzo.
Nel 1903, i 14 addetti della Cartiera, gestita da Raffaele, erano suddivisi secondo le fasce di età: tre ragazzi tra i 12 ei 15 anni, tre trai 15 e i 21 anni e otto uomini di età maggiore di 21 anni. Si fabbricava ancora carta fatta a mano e nel 1904 l’azienda assunse anche donne minorenni tanto Che, nel 1905, gli addetti salirono a 16, con un orario di lavoro che andava dalle 5 del mattino alle 17 del pomeriggio, con 2 ore di riposo intermedie. I lavoranti percepivano diversi salari: due ragazzi e due ragazze, con un’età tra i 15 e i 21 anni, guadagnavano 0,90 £ i maschi e 0,50 le femmine; 7 uomini, di età compresa tra i 21 e i 55 anni, avevano 1,25 £; a 4 uomini e una donna al di sopra dei 55 anni veniva corrisposto un giornaliero rispettivamente di 1 £ e 0,50 £.
Nel 1906, gli operai scesero a 15 unità lavorative, divisi in: 12 maschi e 3 donne. Nel 1910, la produzione era pari a 200 quintali di carta bianca ordinaria da stampa, che veniva ceduta alla Società delle Cartiere centrali (società formata dai produttori della carta, tra i quali gli Innamorati, che aveva il sodalizio con la maggior parte delle Cartiere di Pale. La società venne Costituita alla fine del primo decennio del Novecento per fronteggiare la crisi del periodo).
Nella fabbrica vi lavoravano 10 operai, 4 operaie e 5 ragazzi, con salari che oscillavano da un minimo di 0,50 £ ad un massimo di 1,70 £. La cartiera disponeva inoltre di un motore idraulico di 15 HP. La parte del Complesso industriale gestita da Guido Innamorati era provvista di due motori idraulici, della potenza di 22 cavalli dinamici. In esse si fabbricava Carta bianca a mano, a macchina e a mano-macchina, per un quantitativo di 250 q di prodotto all’anno.
Gli occupati erano 25 unità e lavoravano per 10 ore al giorno, con un salario che variava da 0,50 £ a 2 £. Inizialmente, buona parte della lavorazione si svolgeva nell’antico stabilimento, mentre la fase di allestimento ed essiccazione veniva effettuata nel nuovo stabilimento. Se al 1910 risultavano ancora in funzione complessivamente 7 Cartiere, quelle di Guido e Raffaele Innamorati non superano la crisi del 1911-1912. Nemmeno il costituirsi della “Società Anonima Cartiere di Pale” il 25 febbraio 1912, con lo scopo di sviluppare e salvare l’esercizio delle Cartiere esistenti, giunse a portare benefici. Agli inizi del 1912, tutto il Complesso industriale, comprendente 3 Cartiere, articolate su tre livelli, con complessivi 33 vani, per un valore totale di 756,66 £ e il nuovo stabilimento di Innamorati Guido, articolato su 2 livelli e composto da 10 vani, per un valore di rendita di 100 £, venne acqui- stato dalla Società Anonima. Il 18 giugno 1912, la maggior parte lo stabilimento venne acquistato dai fratelli Tullio e Vincenzo Sordini, proprietari di un’importante Cartiera a Pale chiamata la Trinità. Questi trasferirono la macchina in piano nel proprio stabilimento. Alla fine degli anni venti del Novecento, al posto del macchinario, i fratelli Sordini impiantarono una centralina idroelettrica.
Tra gli anni trenta e Cinquanta del Novecento, i vari corpi di fabbrica delle antiche cartiere Innamorati vennero trasformati in appartamenti ad uso di civile abitazione e in magazzini per gli operai della Cartiera Sordini. Nel corso degli anni i dipendenti hanno acquistato e riscattato le abitazioni che erano di proprietà della Società Sordini, tanto che attualmente la proprietà e divisa in molti proprietari.
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